Il grande gioco russo in Medio Oriente

Si fanno sempre più tese le relazioni tra Siria e Turchia dopo i recenti scontri a Idlib, città simbolo dell’ingerenza di Ankara in territorio siriano, dove sono caduti diversi militari turchi e decine di soldati siriano sono stati catturati.

La Russia in questo nuovo “big game” non sta certo a guardare, anzi ne è l’artefice. L’accordo siglato con Ankara circa un mese fa prevedeva in una clausola il tacito accordo per trasferire combattenti filo-jhiadisti di al-Nusra dalla Siria alla Libia, richiesta fatta indirettamente dalla Turchia per potenziare la propria influenza in Libia.

Ora la Siria vuole la propria controparte, cioè ristabilire il controllo sulla parte di confine a larga maggioranza curda, la Turchia non sembra voler cedere terreno per timore di perdere posizione nei confronti delle legittime richieste curde.

Le rappresaglie turco-siriane

L’esercito siriano ha annunciato di aver riconquistato la città chiave di Maaret al-Noomane, nel nord ovest del Paese dominato da gruppi ribelli e jihadisti.

“Le nostre forze sono riuscite in questi ultimi giorni a eliminare il terrorismo in molti villaggi e località”, è scritto in un comunicato del comando militare letto da un responsabile alla televisione di stato.

Sembrerebbe un chiaro sabotaggio quello di oggi, 4 febbraio, quando alcuni razzi hanno colpito nella prima mattinata due importanti impianti di gas naturale, nell’area di Homs e a Ebla, circa 60 km a sud-ovest di Aleppo.

Lo riferisce la tv di Stato siriana, secondo cui i vigili del fuoco sono impegnati da diverse ore per spegnere le fiamme nel primo dei due impianti; entrambe le strutture vengono utilizzate per fornire combustibile a livello nazionale.

Nel frattempo, l’offensiva del regime di Bashar al Assad, sostenuto dall’alleato russo, contro jihadisti e ribelli nel nordovest della Siria ha causato mezzo milione di sfollati solo negli ultimi due mesi. Lo ha annunciato l’Onu.

“Dal 1 dicembre, circa 520 mila persone sono sfollate. Circa l’80% sono donne e bambini”, ha detto David Swanson, portavoce dell’Ufficio di coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni Unite (Ocha).

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